Un romanzo di fantascienza distopica costruisce mondi spezzati, società deviate, linguaggi alterati. Tradurre questo tipo di testo significa entrare in un sistema disfunzionale senza renderlo caricaturale. Ogni elemento – lessico, toponomastica, codice narrativo – è il risultato di una frattura. La lingua riflette il controllo, la resistenza, l’alienazione. La sfida consiste nel mantenere coerenza interna anche in presenza di strutture linguistiche artificiali o ideologizzate. Il testo non racconta solo un futuro: decostruisce un presente. La traduzione è, a sua volta, un atto critico.